Negli ultimi mesi ci siamo interessati al concetto di adattamento, a pensare se saremo in grado di cambiare, di deviare dalle traiettorie che hanno portato a quello che chiamiamo cambiamento climatico, a pensare se ci sono luoghi sentinella, che anticipino nuove scelte e stili di vita.
In questo modo è nato Terre Alt(r)e, una serie di eventi online che vogliono mettere insieme punti di vista di forme diverse su un tema molto attuale come quello dell’adattamento al cambiamento climatico.
Il 9 aprile si è tenuto il primo evento “In viaggio attraverso le Alpi”, con ospiti Matteo Melchiorre (storico e scrittore), Federico Dallo (ricercatore CNR-ISP, Ca’ Foscari), Marco Martini, Andrea De Marchi e Nicolò Rasera (studenti dell’ITIS Max Plank di Treviso).
L’evento si è svolto attorno all’immagine delle vie alpine, le quali da secoli sono al centro di movimenti, flussi e cambiamenti di persone, culture e molecole. Luoghi che da qualche decennio rientrano all’interno di un’immagine di montagna edulcorata dalla comunicazione di massa, che spesso vengono disegnati da descrizioni superficiali in gran parte basate sull’esperienza di un turismo consumista. Fatto appunto per consumare e non per approfondire, conoscere, capire[1].
La montagna è un luogo che richiede lentezza, tempo, osservazione, attenzione. È questo quello che mi è sembrato voler dire Matteo Melchiorre, che ha proposto un interessante punto di vista storico-culturale della montagna disegnandone una traiettoria molto lunga, partendo dal medioevo e arrivando ai giorni nostri con uno sguardo verso il futuro. Il tutto con una visione contemporanea e per niente scontata.
Dal punto di vista storico[2], ovvero della scienza che studia l’evolversi dell’uomo nel tempo e nello spazio, Matteo individua due traiettorie principali: le maree e i confini.
Le maree intese come “alzarsi a abbassarsi” della popolazione, che mi ha fatto subito pensare all’innalzamento del livello del mare, che a sua volta definisce cos’è o non è montagna, che similmente respinge ed attrae persone. La montagna popolata, coltivata, laboriosa, che spesso si ha in mente, è un’immagine limitata a quella di fine ’800 metà ‘900, ma nei secoli precedenti “la montagna ha avuto una modalità di popolamento che ha il ritmo delle maree” e ancora “vivere la montagna è una dinamica di maree”. Visioni poetiche, fluide e ampie, possibili solo con l’attenta osservazione di uno storico.
I confini visti come luoghi di apertura e non di chiusura. Come fette spesse decine o addirittura centinaia di chilometri, e non linee sottili. Mi fanno pensare ai moti turbolenti in atmosfera, al mescolarsi caotico delle molecole e alla difficoltà nel comprendere le loro “traiettorie” chimico-fisiche, che richiedono sia analisi puntuali ma anche ampie. I confini delineati dalla montagna “sono mondi che si diluiscono uno sull’altro dove la vita scorre da un verso all’altro con sorprendente fluidità”.
PIONEER[3], il progetto di ricerca di Federico Dallo, sembra quasi essere la continuazione dello stesso racconto. Il progetto consiste nel monitorare a livello capillare e con continuità il territorio alpino, includendo aree remote e difficilmente accessibili. Questo per capire come le molecole (di gas serra e inquinanti) si muovono attraverso le alpi, per dare una rappresentazione regionale del clima delle alpi tra Monaco di Baviera e Venezia, seguendo la secolare via di collegamento che collega le due città, che nei secoli ha visto importanti flussi di persone e merci. L’importanza di monitorare i luoghi alpini è che questi sono luoghi “sentinella”, con equilibri più fragili che possono indicare segnali di cambiamento in anticipo rispetto ad altri luoghi, come del resto succede anche in contesto socio-economico.
Federico ha sviluppato un sensore low cost open source per la rilevazione dell’ozono che si sta dimostrando sufficientemente affidabile ed efficiente dal punto di vista energetico da poter essere utilizzato nelle aree remote in cui non possono essere installati strumenti convenzionali per il monitoraggio. Dati i buoni risultati ottenuti, il progetto ha come obiettivo migliorare questo sistema a basso costo presso l’Università di Berkeley in California e poi di installare una rete di sensori lungo la storica rotta Monaco-Venezia. Tutti i dati raccolti dalla rete verranno inviati al dipartimento di scienze ambientali dell’università Ca’ Foscari di Venezia.
All’interno di questo progetto, Federico ha avviato una sperimentazione di alternanza scuola-lavoro con alcuni studenti dell’ITIS Max Plank di Treviso, durante la quale i ragazzi hanno potuto contribuire alla ricerca lavorando alla progettazione di un microcontrollore a basso consumo, dedicato alla raccolta dati ambientali, ed hanno testato alcune tecnologie di telecomunicazione a basso costo. La cosa che più mi è sembrata interessante, è come quest’esperienza abbia permesso agli studenti di avvicinarsi al tema del cambiamento climatico da un punto di vista tecnico-scientifico, in qualche modo dall’interno del problema, proponendo loro un’occasione per mettere in pratica quanto imparato durante le lezioni teoriche a scuola e dando una visione su uno dei loro possibili futuri.
Durante questo breve viaggio, abbiamo esplorato la montagna come marea e confine, come laboratorio scientifico ma anche luogo del futuro. Come ci ricorda Matteo Melchiorre, un luogo di contrasto tra il radicamento elettivo (la scelta consapevole di stare dentro al luogo) e un sistema formativo e culturale che induce invece allo sradicamento.
“La montagna è un luogo che implica fedeltà totale, non si può prendere e lasciare. E l’evoluzione tecnologica ci sta permettendo di stare in montagna come non era immaginabile. È possibile ripensare al radicamento liberandolo dagli inquinanti retorici che lo hanno soffocato, restituendo vitalità nuova al passo con il futuro. […] Serve un’educazione al monitoraggio, non solo scientifico ma alle cose che cambiano, storiche, ambientali, culturali”.
La potenza di mettere insieme punti di vista diversi, di persone molto attente, perspicaci, ricercatrici, è quella di vedere delle traiettorie disegnarsi dove prima c’era solo il caos. Credo molto in questo e sono molto contento che con il Venice Climate Lab siamo riusciti, nel nostro piccolo, a proporre delle riflessioni non scontate sul tema dell’adattamento e proporre un’educazione al cambiamento.
La registrazione dell’evento può essere vista sul canale YouTube di Venice Climate Lab.